Il termine native cloud è ormai sinonimo d’innovazione e trasformazione digitale. Non si tratta solo di una tecnologia, ma di un nuovo paradigma di sviluppo e gestione delle applicazioni, pensato per sfruttare appieno le potenzialità del cloud computing.
A breve scoprirai cos’è il native cloud, la sua evoluzione e che applicazioni può avere nei progetti di ricerca e sviluppo (R&S). Continua a leggere!
Indice dei contenuti
Cos’è il native cloud
Il native cloud è un modo innovativo di sviluppare le app in cloud. Rispetto ai tradizionali modelli “lift and shift” (ovvero il trasferimento di una app da un ambiente on-premise al cloud), le architetture native cloud sono pensate fin dall’inizio per ambienti cloud, che garantiscono maggiore flessibilità, scalabilità e resilienza.
Principali caratteristiche
Applicazioni in scatole, dette “container”
Le applicazioni vengono confezionate in piccole scatole dette “container” (come quelle create con Docker), che ne facilitano la portabilità, permettendone il funzionamento indipendentemente dall’ambiente di esecuzione.
Gestione automatica dei servizi
Si usano sistemi come Kubernetes per organizzare e controllare automaticamente migliaia di piccole parti del software (chiamate microservizi) che, messe insieme, formano l’applicazione.
Piccoli pezzi, detti “microservizi”, che si aggiornano facilmente
Le applicazioni sono suddivise in parti più piccole, che rendono più semplice aggiornare il sistema e aggiungere nuove funzionalità senza dover rifare tutto da capo.
Servizi cloud gestiti
Provider come AWS, Azure e Google Cloud offrono servizi cloud gestiti in grado di semplificare la configurazione e il mantenimento dell’infrastruttura, liberando cioè gli sviluppatori da molte operazioni complesse.
Esecuzione su richiesta (serverless)
Con modelli come il FaaS (Function as a Service), il codice viene eseguito solo quando è necessario, ciò si traduce in un utilizzo delle risorse più efficiente.
Metodologie moderne di sviluppo (DevOps e Agile)
Vengono sviluppate, testate e distribuite nuove versioni del software grazie a processi automatizzati (CI/CD).
Pianificazione per imprevisti
Vengono adottate strategie per mantenere il sistema sempre attivo, grazie all’utilizzo di server sparsi in diverse aree geografiche.
Native cloud: l’evoluzione negli ultimi 10 anni
Nel corso dell’ultimo decennio, il native cloud ha fatto un balzo qualitativo straordinario. Dall’iniziale utilizzo dell’IaaS (Infrastructure as a Service) si è passati a soluzioni containerizzate, microservizi e modelli serverless, che segnano il passaggio ad un paradigma completamente nativo.
In particolre, la diffusione di Docker e Kubernetes ha consentito la realizzazione di architetture agili e scalabili. Le aziende oggi possono gestire ambienti complessi e dinamici con strumenti altamente automatizzati. Il risultato? Un miglioramento esponenziale nella velocità di sviluppo, nell’efficienza dei processi e nella qualità delle applicazioni sviluppate.
Centri di ricerca ICT e native cloud
I centri di R&S in ambito ICT, come PMF Research, adottano il native cloud già da anni per trasformare radicalmente le modalità di sperimentazione tecnologica. Quest’approccio porta con sé alcuni vantaggi tangibili:
- spazi dedicati a test e simulazioni, senza interferenze con sistemi principali;
- maggior velocità di lancio sul mercato di alcuni prodotti, grazie a processi di automazione per test e aggiornamenti;
- collaborazione interdisciplinare e open innovation;
- elevati standard di sicurezza e resilienza;
- casi di successo replicabili, che fungano da modelli.
Tali strumenti permettono di sperimentare ed innovare senza compromettere l’affidabilità dei sistemi, contribuendo allo sviluppo di soluzioni ICT sempre più performanti.
Il native cloud in Europa: un ecosistema in costante crescita
L’Unione Europea (UE) ha riconosciuto il valore del native cloud, sostenendolo con:
- politiche digitali orientate alla sovranità tecnologica europea;
- fondi di ricerca e innovazione attraverso Horizon Europe;
- iniziative per la definizione di standard e interoperabilità (ETS, CEN);
- programmi per la digitalizzazione delle PMI e della PA;
- reti di collaborazione internazionale tra enti pubblici e privati.
L’adozione di tecnologie native cloud è incentivata da programmi strategici come Horizon Europe e Digital Europe, che supportano la creazione di infrastrutture cloud resilienti, sicure e federate su scala continentale.
Progetti europei sul native cloud
In ambito europeo sono numerosi i progetti che adottano tecnologie native cloud per rispondere a sfide industriali, sociali e ambientali. Questi progetti:
- promuovono la sperimentazione in contesti reali e multisettoriali;
- favoriscono la definizione di standard condivisi e framework comuni;
- integrano componenti AI, IoT e big data per applicazioni avanzate;
- facilitano la cooperazione tra industria, accademia e pubbliche amministrazioni;
- sviluppano modelli sostenibili ed economicamente scalabili.
Esempi concreti arrivano dal settore dello smart manufacturing, della sanità digitale e delle infrastrutture intelligenti, che grazie al cloud nativo stanno evolvendo verso una maggiore efficienza e resilienza.
2 esempi rilevanti di progetti europei
- European Open Science Cloud (EOSC): un’infrastruttura europea in grado di fornire servizi digitali per la gestione, condivisione e analisi dei dati scientifici secondo i principi FAIR. EOSC promuove un ambiente cloud-native orientato alla collaborazione tra ricercatori, istituzioni e imprese;
- PaaSage: progetto europeo dedicato allo sviluppo e al deployment multi-cloud. Offre strumenti per gestire e migrare applicazioni su diverse piattaforme cloud, promuovendo un approccio cloud-native che accresce la portabilità delle soluzioni software.
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Collaborare con un centro di R&S ICT, come PMF Research, ti permette di:
- accedere a bandi europei e progetti innovativi;
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