Gli ologrammi possono sembrare qualcosa di troppo futuristico, eppure in realtà sono più vicini di quanto pensiamo.
In un certo senso, gli ologrammi rappresentano lo strumento attraverso il quale abbattere la barriera esistente tra ciò che è virtuale e ciò che è reale.
Anche tu, aprendo il portafogli o la borsa, puoi scoprire di avere a disposizione un ologramma nella carta di credito o nella carta d’identità.
Continua a leggere per scoprire in cosa consiste la tecnologia olografica e perché è strettamente connessa alla realtà aumentata. Andiamo con ordine.
Indice dei contenuti
Cos'è un ologramma?
L’ologramma può essere definito come una registrazione su lastra o pellicola fotografica che nasce dalla divisione di un raggio laser in due raggi separati, uno dell’oggetto e uno di riflessione, utilizzando uno specchio angolato.
Come funziona la tecnologia dell'ologramma?
Il primo raggio viene riflesso e crea così l’immagine dell’ologramma sulla cosiddetta piastra olografica, che costituisce appunto la superficie terminale; mentre il raggio di riflessione viene diretto sulla piastra. Nel momento in cui questi due raggi si uniscono, viene creato l’ologramma.
In sostanza, l’ologramma permette la riproduzione di un’immagine che viene precedentemente registrata. La fase di registrazione consiste proprio nel momento in cui avviene la predetta divisione del raggio laser in due raggi.
Grazie poi a un gioco di specchi, la luce derivante dalla sorgente va a interferire con quella riflessa dall’oggetto, formando così due linee sulla lastra che vengono chiamate “frange di interferenza”. Queste ultime contengono le informazioni che permettono poi, decodificandole, di ricostruire l’immagine tridimensionale dell’oggetto in questione, che appare così come se fosse fisicamente presente.
In sostanza si tratta di trasformare la luce in materia.
A cosa servono gli ologrammi?
Anche ingegneri, architetti o medici fanno uso di ologrammi per avere un’esperienza più “pratica” e diretta di ciò che hanno sempre e solo letto sui libri. Ad esempio esistono i cosiddetti “ologrammi medici” che fanno proprio riferimento a ricostruzioni 3D degli organi interessati. Ovviamente, solamente pochi ospedali possono per ora permettersi questa tecnologia, dati gli elevati costi.
Dal punto di vista economico è interessante notare come i principali investitori nell’olografia siano, tanto per cambiare, gli Stati Uniti. Lo scopo della prima economia mondiale è quello di creare ambienti più dinamici, postazioni di lavoro interattive, oggetti reali e virtuali, al fine di ottimizzare le interazioni.
Difficile, invece, è l’accessibilità a tali tecnologie in territori del mondo che non hanno connessioni a Internet abbastanza potenti da supportare il moderno cloud computing o risorse per acquistare dispositivi.
L'ologrammi: storia ed evoluzione
Gli ologrammi nascono intorno alla prima metà degli anni ’40. Dennis Gabor, famoso scienziato ungherese, sviluppò la teoria dell’olografia mentre lavorava per migliorare la risoluzione di un microscopio elettronico. Fu egli stesso a coniare il termine “ologramma”, derivante dall’unione delle due parole greche holos (intero) e gramma (messaggio). Purtroppo, negli anni a seguire gli ologrammi non suscitarono grande successo, date le sorgenti luminose ancora poco sviluppate ai tempi.
Finalmente negli anni ’60 fu inventato il laser che, grazie al suo potente lampo di luce, dalla durata di pochi nanosecondi, è perfetto per creare ologrammi. Il laser, infatti, riesce a bloccare il movimento efficacemente, creando in tal modo ologrammi di eventi o persone ad alta velocità. In particolare, il primo ologramma di una persona è stato creato nel 1967. Da qui nasce la ritrattistica olografica pulsata.
Nel 1962 due studiosi americani decisero di superare la teoria di Gabor e utilizzare, oltre al laser, anche una tecnica messa in atto già nel loro lavoro (studiavano un modo per realizzare un radar a lettura laterale). Il risultato di tutto ciò fu la creazione dei primi ologrammi 3D in movimento: un trenino e un uccello.
Un ulteriore sviluppo nel mondo degli ologrammi è stato raggiunto nel ’68 da Stephen A. Benton che ha inventato l’olografia a trasmissione di luce bianca, la quale permette di creare un’immagine “arcobaleno” dai sette colori che compongono la luce bianca. L’invenzione di Benton è importante in quanto ha reso possibile la produzione in serie di ologrammi attraverso una tecnica di goffratura.
Oggi gli strumenti necessari a creare ologrammi 3D (un laser a onda continua, dispositivi ottici come lenti o specchi per dirigere la luce laser, un supporto per pellicola e un tavolo isolante su cui vengono effettuate le esposizioni) sono posseduti da moltissimi laboratori e studi.
Realtà aumentata e ologrammi
La realtà aumentata (AR, augmented reality) è la realtà che ognuno di noi vive quotidianamente arricchita di informazioni digitali. Volendo semplificare il concetto, si tratta di un’espansione della percezione sensoriale e dell’intelletto di una persona.
Proprio per questo motivo si chiama realtà aumentata, nel senso che aumenta la realtà che già viviamo aggiungendo dati in formato digitale, creando una sorta d’integrazione tra reale e virtuale, senza però “teletrasportarci” in mondi paralleli.
Tuttavia, come viene messa in atto tale realtà? Molto spesso attraverso smartphone e app scaricabili che fanno uso della fotocamera per mostrare una porzione del mondo reale a cui vengono sovrapposti testi, informazioni visuali e, ovviamente, ologrammi 3D.
Un esempio concreto è l’app “Pokémon Go”, un gioco che aggiunge piccoli Pokémon alla realtà; inutile dirlo, lo scopo è proprio quello di catturarli attraverso lo smartphone. Pokémon Go ha riscontrato un notevole successo soprattutto tra i giovani, motivo per il quale si crede che la realtà aumentata sia nata al solo scopo di entertainment.
In realtà, oltre a puntare all’intrattenimento, l’AR si concentra anche sull’informazione e sul commercio.
Sono molti i brand e le aziende che utilizzano la realtà aumentata. Uno tra i tanti ad esempio è IKEA, che ha integrato nella sua applicazione mobile un software con cui poter visualizzare i prodotti del proprio catalogo direttamente nella propria abitazione. Un ologramma della poltrona Strandmon, come per magia, può così apparire nel salotto di casa.
Oltre che con lo smartphone, la realtà aumentata può anche essere messa in atto attraverso dispositivi più sofisticati come i bracciali hi-tech per il controllo da remoto di strumenti elettronici o fruita per mezzo di smart glasses e head-mounted display.
In sostanza, la realtà aumentata aggiunge al nostro mondo contenuti multimediali, mentre gli ologrammi abbattono la barriera tra ciò che è reale e ciò che è virtuale.
Il caso Mesh di Microsoft
Gli ologrammi hanno una connessione non solo con la realtà aumentata, ma anche con la realtà mista (mixed o extended reality), come dimostrato durante a la presentazione di Microsoft Mesh allo scorso evento Microsoft Ignite di marzo 2021.
La piattaforma in questione − si legge sul portale della compagnia − è il risultato di anni di ricerca e sviluppo (R&S) nei settori del tracciamento oculare e della mano, che ha condotto alla nascita di HoloLens, un visore per visualizzare ologrammi e creare avatar espressivi, tramite modelli basati sull’intelligenza artificiale (IA).
Si tratta di una nuova piattaforma di realtà mista che Microsoft ha costruito con l’obiettivo di agevolare e velocizzare la realizzazione di applicazioni di MR multiutente e multipiattaforma.
Attraverso Mesh è possibile condividere fisicamente spazi virtuali con altre persone nonostante ci si trovi in ambienti distanti, sentire la loro presenza per mezzo di espressioni facciali, collaborare più facilmente o assistere altre persone da remoto.
Alex Kipman, Technical Fellow di Microsoft, afferma che Mesh è una tecnologia che unisce il mondo fisico a quello virtuale.
In particolare, la tecnologia impiegata da Mesh viene definita “Holoportation“, crasi di ologramma e teletrasporto. In sostanza, si vanno a ricostruire in tempo reale e in qualsiasi parte del mondo modelli di persone in 3D. Utilizzando poi dispositivi appositi, come le HoloLens 2, si può interagire in 3D con altri partecipanti della sessione di realtà mista.
Il software di Mesh permette di scegliere se proiettare la propria immagine realistica o se personalizzare il proprio avatar in qualsiasi modo.
La piattaforma Mesh si compone di tre elementi fondamentali:
- il supporto multidispositivo, per un’esperienza 3D più completa;
- la “Mesh developer platform”, all’interno della quale sono presenti servizi come Azure Active Directory, tramite il quale solo gli utenti autorizzati possono accedere in modo sicuro alla sessione di realtà mista, oppure il servizio Microsoft Graph, che consente di gestire le connessioni in modo sicuro;
- le “Mesh-enabled apps”, come Microsoft Mesh app for HoloLens 2 e AltspaceVR, già presentate all’evento Ignite.
Secondo Microsoft, Mesh rappresenta la soluzione a quattro principali questioni che solitamente sorgono nell’ambito della realtà mista:
- il trasferimento di modelli 3D ad alta fedeltà nei formati file che le aziende usano;
- la rappresentazione realistica di persone in realtà mista, sia in termini di denaro che di tempo;
- la stabilità degli ologrammi in base ai layout e ai momenti;
- la sincronizzazione di azioni ed espressioni in spazi distribuiti in aree geografiche diverse.
Gli ologrammi e, in generale, la realtà mista t’incuriosisce? Continua a leggere il nostro JOurnal. Se, invece, cerchi un partner per progetti di ricerca ICT, compila il modulo qui in basso ed entra in contatto con il team di PMF Research. Ti risponderemo in breve tempo.